Saturday 27th July 2024,
IL DESTRO // Idee che ti mettono al tappeto

PMI e Made in Italy, intervista all’imprenditore Fabio Ferretti: “Tasse su tasse, ora basta”

PMI e Made in Italy, intervista all’imprenditore Fabio Ferretti: “Tasse su tasse, ora basta”

di Alessandro Nardone – Esistono persone con le quali, anche una semplice chiacchierata, puo’ essere in grado d’insegnarti qualcosa o, quantomeno, di trasmetterti alcuni interessanti spunti di riflessione. Fabio Ferretti è una di quelle, un vero e proprio “uomo di Mondo”, direbbe qualcuno. Aspetto distinto, abbigliamento (ovviamente) sempre inappuntabile ed un atteggiamento che cattura, perfetta via di mezzo tra un aplomb marcatamente british e punte di quell’arguta spavalderia tipicamente italiana. Imprenditore tessile a tutto tondo, è tra i pionieri che, oltre vent’anni fa, riuscirono nell’impresa di unificare le diverse anime che componevano il mondo della moda sotto un unico tetto, dando vita allo SMI (Sistema Moda Italia) che, a tutt’oggi, insieme alla Camera della Moda, è il vero punto di riferimento per gli operatori di settore. “Vedi Alessandro, oggi più di ieri chi vuole fare impresa non puo’ permettersi di girare a vuoto. Io, ad esempio, domani parto per Dubai: giusto il tempo di vedere alcuni clienti molto importanti e poi rientro subito, perché ho l’azienda da mandare avanti”. Appunto, l’azienda. Come avrete facilmente intuito è proprio questo il tema che ho intenzione di affrontare e, nella fattispecie, utilizzare la mia chiacchierata con Fabio per approfondire uno dei punti più importanti del Manuale della Sovranità, ovvero quello riguardante il sostegno ed il rilancio delle PMI ché, poi, sono il vero e proprio volano della nostra economia.

Signor Ferretti, partiamo subito dalla messa a fuoco di una questione fondamentale per dare nuovo slancio al sistema-impresa, ovvero la tutela del nostro bene più prezioso, il Made in Italy.

Oggi come oggi paghiamo il prezzo di alcune scelte sbagliate del passato, certo, ma ormai, quello della globalizzazione è un processo del tutto irreversibile. Questo principio vale tanto per il Made in Italy quanto per il Made in Germany o il Made in Usa: è assolutamente impossibile dire che un prodotto è fatto nello stesso paese dalla A alla Z. Noi, ad esempio, realizziamo le nostre cravatte in Italia, utilizzando un telaio tedesco e materie prime provenienti dall’oriente, non per nostra scelta, ma perché è il mercato ad imporcelo. Il Made in Italy, quindi, è rappresentato dallo stile, dai procedimenti d’assemblaggio, dal packaging e via discorrendo. Per dirla in parole povere il Made in Italy è il nostro know how, ed il suo rilancio non puo’ che avvenire attraverso un sostegno deciso alle nostre idee che, nel Mondo, hanno sempre fatto la differenza.

Vero, ma nel concreto, attraverso quali strumenti, le Istituzioni, possono contribuire a rimettere in moto questo meccanismo?

Prendiamo l’esempio delle fiere. Qui da noi,la RegioneLombardiaha destinato alcuni contributi per consentire alle aziende di partecipare a qualcuno di questi eventi in giro per il Mondo ma ti garantisco che, eccezion fatta per eventi di primaria importanza come Pitti o Premiere Vision, nel 90% dei casi si tratta di una totale perdita di soldi e tempo. Troppo spesso si organizzano convegni ed incontri completamente autoreferenziali e fini a se stessi, mentre noi imprenditori avremmo bisogno di uno Stato che ci aiuti ad esportare, come avviene in Cina.

Si spieghi.

Nel nostro mestiere esiste una regola fondamentale: non è il ricarico a dare reddito, ma la velocità della moneta. Questo significa che, se io esporto per 100 e per avere quel 100 dal mio cliente devo aspettare mesi, non ho liquidità da investire. Ecco, al di là di alcune irritanti restrizioni dell’Unione Europea, le Istituzioni potrebbero aiutarci in questo senso anticipandoci la liquidità a fronte delle fatture e riconoscendoci, a fine anno, una percentuale variabile a seconda del volume d’affari. Proprio come avviene in Cina, con i risultati che conosciamo. Da noi, invece, lo Stato fa il contrario, facendo aspettare per anni le nostre aziende che vantano crediti verso la PA.

Quindi, se ho capito bene, così facendo lo Stato vi metterebbe nelle condizioni d’investire di più e subito.

Esatto! Ovviamente lo Stato avrebbe un suo tornaconto perché, più alti sono i nostri fatturati, e più sostanzioso sarebbe il gettito fiscale che introiterebbe. Oltretutto, quella famosa percentuale – che potrebbe oscillare tra il 2 ed il 5 % – potrebbe essere legata all’innovazione, ovvero, io Stato ti do questi soldi a patto che tu li reinvesta su innovazione e nuove assunzioni.

Insomma, per sintetizzare, potremmo parafrasare Archimede dicendo “dateci la liquidità e riconquisteremo il Mondo”?

Eh eh, bella questa. Ascolta Alessandro, a noi italiani non manca davvero nulla per farcela, ti basti pensare che ho clienti che sarebbero disposti a spendere cinque volte di più per un prodotto fatto da noi. Chi rappresenta le Istituzioni a livello nazionale ed europeo, anziché tarparci continuamente le ali con burocrazia e tasse su tasse, ci metta nelle condizioni di lavorare e vedrà che, finalmente, davanti alla voce Pil tornerà un bel segno più.

Da Il Giornale d’Italia del 19 settembre 2012, leggi l’articolo originale

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