Il Giornale d’Italia – “Dopo sette anni di calvario, finisce in appello la vicenda Laziogate: assolto! Mi tolsero la regione e il ministero, non la dignità”. Così, grazie ad un twitter, Francesco Storace ha subito commentato la sentenza della Corte d’Appello di Roma che poco fa lo ha assolto, assieme a tutti gli altri imputati, dalla cosiddetta vicenda del ‘Laziogate’. “Finisce un calvario – ha quindi rimarcato lo stesso leader de La Destra – questa vicenda mi costò la sconfitta in campagna elettorale regionale, perché esplose negli ultimi 10 giiorni. E l’anno successivo mi costò le dimissioni da ministro”.
Secondo le accuse mosse a suo tempo, e ora riconosciute del tutto risibili con ulteriore ‘sbugiardamento’ dell’accusatore Dario Pettinelli, l’allora presidente della Regione avrebbe chiesto ad alcune persone di introdursi all’interno dell’anagrafe del Comune di Roma per verificare l’esistenza di eventuali firm false prodotte per presentare la lista della Mussolini alle Regionali del 2005. Ribaltando le tesi della sentenza di primo grado, l’11 giugno scorso il Procuratore Generale Antonio La Rosa aveva chiesto l’assoluzione di Francesco Storace e degli altri imputati.
I giudici della I corte d’appello di Roma, presidente Eugenio Mauro, hanno dunque fatto cadere le accuse nei confronti Francesco Storace (che veniva da una condanna a 18 mesi), del suo ex portavoce Nicolò Accame, che in primo grado aveva avuto 2 anni. Con la formula del fatto che “non sussiste” è stata emessa una sentenza di assoluzione che ribalta il giudizio del primo processo. Assolti Mirko Maceri, che era ex direttore di Laziomatica; così come l’avvocato Romolo Reboa (che presentò l’esposto a suo tempo contro As); e Nicola Santoro, figlio del magistrato della commissione elettorale presso la corte d’appello di Roma che escluse Alternativa Sociale dalle elezioni. Avevano avuto un anno. Reboa al termine dell’udienza è commosso. “Abbiamo vissuto un incubo”, si lascia scappare. Cadute le contestazioni anche per l’allora vicepresidente del consiglio comunale per An, Vincenzo Piso (per cui anche in primo grado la Procura aveva chiesto l’assoluzione). Unica condannata, Tiziana Perreca, ex collaboratrice dello staff di Storace, che ha avuto 6 mesi per favoreggiamento. Per lei pena ridotta, visto che nel primo grado aveva avuto 8 mesi. Confermata l’assoluzione di Daniele Caliciotti, l’ex dipendente di Laziomatica. E nei suoi confronti non era stata appellata la sentenza.
La sentenza di oggi pomeriggio sul caso ‘Laziogate’ è anche frutto delle richieste fatte dalla Procura generale nel corso del suo intervento, nel giugno scorso. Lo stesso rappresentante dell’ufficio della pubblica accusa aveva chiesto, allora, l’assoluzione di Francesco Storace e degli altri imputati. In pratica aveva spiegato il pg Antonio La Rosa non ci fu alcun illecito nel procedere all’accesso al sistema informatico del Comune di Roma, attraverso il computer dell’allora direttore di Laziomatica Mirko Maceri, la notte tra il 9 e il 10 marzo del 2005. “Esisteva una convenzione che autorizzava lo stesso Maceri ad accedere alla banca dati del Campidoglio per acquisire informazioni sanitarie e quelle relative alla carta di identità”, spiegò il magistrato.
Il difensore di Storace, l’avvocato Giosuè Bruno Naso, ha così commentato la sentenza: “Non c’era bisogno di attendere 7 anni per certificare l’estraneità di Storace a qualsivoglia comportamento men che legittimo. Bastava leggere con obiettività e senza pregiudizi proprio il verbale del principale accusatore per comprendere che il mio assistito era estraneo a quell’operazione di acquisizione dei dati anagrafici, che peraltro la Corte d’appello ha stabilito oggi essere consentita”.